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giovedì 14 agosto 2014

Ecco Perché Mi Serve Uno Schiavo

Toh, per qualche remoto caso becco una ricetta su internet che mi sembra sfiziosa-e per sfiziosa intendo abbastanza stuzzicante da convincermi a cucinare seriamente invece di limitarmi, diciamo, ai soliti ceci, fagioli, tonno, aglio, cipolla e barrette Hero Muesly somministrati in un'unica soluzione "perché il dolce smorza il salato". Il nome suona romantico e anche antipaticamente allitterato, ma nonostante questo mi attrae in maniera irresistibile:

RISO ALLE ROSE.

Io, che al momento possiedo (1) una crema per il viso alle rose, (2) un tonico per il viso alle rose, nonché (3) una crema per le mani alle rose, a questo punto non posso ignorare la voce dell'ossessione maniacal-compulsiva che mi incita anche a mangiarmele (magari mentre, dopo essermi avidamente cosparsa di crema e tonico alle rose, contemplo soddisfatta l'opera psicopatica delle mie cancellature a pennarello su vari poster di rose senza disdegnare l'idea, concluso il banchetto, di scagliarvi contro qualche freccetta e, perché no, formare piccoli messaggi minacciosi con le lettere ritagliate da un quotidiano).


E così, cedo.

Il risultato è una specie di grumo insapore condito da un mosto di petali che non mi convince, così decido di arricchire la ricetta aggiungendo un soffritto a base di burro e cipolla (a questo lampo di genio non avevi pensato, eh, donnina maestrina della videoricettina!?). Credo che se il soffritto fosse venuto bene avrei risolto tutti i miei problemi, ma c'è una remota possibilità che, presa da un'importantissima conversazione su Facebook, lo abbia un tantino lasciato appassire più del dovuto. Almeno credo, visto che quando faccio ritorno al fornello, la cipolla ha l'aspetto vago e indistinto di una medusa stecchita. Al che non drammatizzo e decido di ricorrere al vecchio trucco di Nonno Camion-Driver, ovvero aggiungere aglio, sempre, comunque e ovunque tranne che sul gelato. Ne trito meticolosamente uno e lo amalgamo al grumo, che adesso mi fissa con aria pietosa.


Ok, dovrei avere risolto tutto. Inizio il banchetto con la consueta nausea che si manifesta abitualmente quando mangio qualcosa che ho fatto io, ma che altrettanto abitualmente soppianto con impeti ottimistici e deleteri, basati su presunte doti di improvvisazione culinaria che evidentemente NON POSSEGGO. E infatti non sono ancora contenta, così afferro in extremis il tubo della maionese e ci strizzo sopra un bel serpentone, ottenendo un composto abbastanza mangiabile e anche vagamente appetitoso (nonostante i petali di rosa macerati nel Tavernello siano la cosa più amara e nauseabonda che abbia mai provato). Infine, avendo ormai annientato il più timido rimasuglio di poesia, mi abbandono completamente al grezzume acchiappando il vasetto del pesto Barilla-ovvero la cosa più lontana dal pesto che creatura umana possa concepire-e distribuendolo sull'amalgama in quantità più che generose per poi scoprire, subito dopo, che si tratta di un pesto esageratamente salato. Tuttavia, ho ottenuto una gradazione di verde che prima di oggi ero riuscita a intravedere solo in una puntata di X-Files.

In pochi minuti sono riuscita a provare ben cinque piatti diversi e ben cinque gradazioni di gusto, ho cambiato il colore del riso da grigio a verde e ho anche fatto un climax ascendente.

INDICE DEI PIATTI CREATI:
1) Risotto delicato alle rose;
2) Risotto un po' meno delicato alle rose, con delicatissime cipolle;
3) Risotto equilibrato alle rose, con aglio e delicatissime cipolle;
4) Risotto deciso alle rose, con aglio, maionese e delicatissime cipolle;
5) Risotto eccessivamente salato alle rose, con aglio, maionese, delicatissime cipolle e pesto Barilla verde fosforescente.

Signore e Signori,
... Las Tapas Riso Grigio Edition.

[Ecco perché mi serve uno schiavo. Ho assoluta necessità di qualcuno che mi cucini amabili manicaretti e poi lavi le stoviglie mentre io simposieggio sul mio trono-divano.

REQUISITI: silenzioso e schivo; aggraziato, cortese, delicato, ponderato, raffinato, puntuale e in kimono.
Presentare domanda al 666 di Oxford Street. No perditempo; no donne cinesi travestite da uomo e smaniose di compiere gesta eroiche come pulire la mia cucina allo scopo di recuperare l'onore della famiglia Fa. Glazie.]

XOXO,
CLAIRE

lunedì 21 luglio 2014

Clairely Monday: Il Dilemma dello Sfondo

Bene. In questo momento sto utilizzando uno sfondo per il blog che consiste in un mucchio di spermatozoi illuminati al neon che nuotano verso destra. Ho trovato il tutto alquanto divertente fino a qualche minuto fa, e cioè dopo essermi improvvisamente ricordata di aver pubblicato foto di me nuda un poco più in basso di qua. A fronte di ciò, ritengo che se al momento non state ammirando la versione fosforescente di un branco di proto-marmocchi a fianco delle mie eleganti chiappe, lo dobbiate in particolar modo a lui:

e a lui:

Quando trovi carino un branco di spermatozoi e al contempo detesti qualsiasi futura ipotesi di procreazione, gli omini verdi che di solito sollazzano nel microcosmo del tuo cranio rammentano improvvisamente di avere un lavoro. Così ti avvertono che qualcosa non funge, mediante la voce della tua coscienza che, in questo specifico caso, è Enzo Miccio*. Questa è soltanto una delle contraddizioni che emergono quando una certa blogger (io) è all'affannosa ricerca di un'immagine che si amalgami perfettamente ai contenuti visivi di un certo blog (il mio) senza smorzarne il consueto spirito ardimentoso (yeah). Contraddizione che infine degenera, innescando un momento in cui il dilemma dello sfondo si estende all'intera esistenza: Perché io odio il parmigiano sulla pasta, ma da solo mi piace, a patto che sia grattugiato fine fine. E lo mangio con un cucchiaio come fanno le nonne col semolino, e non c'è altra maniera in cui potrei mangiarlo perché se lo mangiassi a scaglie non avrebbe lo stesso sapore che ha da grattugiato. Allo stesso modo il mondo è fatto di paradossi, di gente che ama grattugiarsi le terga senza alcuno scopo riproduttivo, di gente che grattugia il parmigiano per poi non metterlo sulla pasta, di gente a cui piace qualcosa o qualcuno che poi si rivela non essere adatto a lei rimanendo un pelino intimorita dall'eventualità di rivivere la stessa delusione.

Ho grattugiato via lo sfondo perché stonava con le mie chiappe. Mi dispiace, però, e casualmente sono quasi le stesse parole che ho detto al mio ex dopo aver rotto. A seguito di un lungo e sentito travaglio, mi sono rassegnata all'unico motivo fiorito che non ricordasse il giardino della Fata Turchina, ovvero quello che vedete ai lati di questa pagina e che fra un mese potreste non vedere più perché avrò cambiato di nuovo idea e sarò nuovamente alla ricerca dello sfondo perfetto. Forse scegliere uno sfondo è un po' come scegliersi un uomo.

Forse per ora va bene così.

P.S.: Se state vedendo falli ovunque, probabilmente mi sono data al porno. Se invece vedete fiori e culi non preoccupatevi: è tutto normale.

*REBUS (3, 4)

Il primo che indovina vince un Plimmer!







xoxo,

Claire <3

venerdì 27 giugno 2014

Storia del cigno che si perse nell'aria


"Una gabbia andò a trovare un uccello"
  F. Kafka

7 giugno, 1296
Così il cigno si perse nell'aria, fendendo le ali nel turbine vuoto. Sballottato qua e là dalle correnti, si affannava in cerca di un riparo. Intorno a lui solo acqua salata, e vento.
Quando il cigno si perse nell'aria, ricordo di aver pianto. Io, dal mio umido angolo sul ponte, stretta a una colonnina di legno. Lo stesso punto da cui avevo visto Brema inabissarsi lentamente, diventare anch'essa, a poco a poco, acqua salata e vento.
Non si trattava di me, e forse nemmeno di lui. Forse ero stanca per la tormenta che sembrava protrarsi da ore, e gli strepiti di mio padre a proposito di scendere in coperta mi riempivano le orecchie già stracolme di pioggia. Forse non m'importava nemmeno del perché fosse lì, comparso dal nulla, in mare aperto. Al tempo non riuscii semplicemente a spiegarmelo.
Non piansi per lui, ma per la sua dannazione. Gli uomini dell'equipaggio lo avrebbero certo catturato, se avesse raggiunto la nave, e le urla del vento non lo avrebbero certo condotto a Gamlebyen vivo. Immaginai i volti malnutriti dei miei uomini accendersi di brama carnivora allo scorrere del sangue sulle belle piume. Piansi perché un cigno non appartiene né agli uomini, né al mare. Fu il mio ultimo lutto, o meglio l'ultimo a includere lacrime: il lungo viaggio mi aveva dato occhi impassibili con cui potermi guardare alle spalle senza che i flutti mi scuotessero.
Presto mi sarei sposata, in un abito rosso come sangue di cigno.
Nel mio pallido e raffreddato torpore, non distinguevo bene gli aromi. Avrei bevuto e mangiato a volontà senza preoccuparmi troppo dei sapori. Avrei danzato stoicamente e con grazia, per poi coricarmi alle luci del tramonto. Avrei visto di nuovo il cigno, riflesso sulla lama di un coltello, e di nuovo negli occhi impauriti di un uomo egoista. Infine, avrei capito che il cigno ero io. Che nonostante i miei sforzi sarei sempre tornata a quel mare, alle onde di sangue, e a quel vento.
Fui incoronata morta.
Louis Icart, "Leda and the Swan"

martedì 10 giugno 2014

Il Pianto è Umano, la Freddezza è Divina


2014 Roberto RotoBianca Alinghieri
Mentre mangiavo i popcorn, sono arrivata a tre importanti conclusioni:

1) Dio, come i rettili, è una creatura a sangue freddo; 
2)Se fossi un uomo vorrei decisamente andare a letto con me e con una ventina di mie colleghe; 
3) Voglio un gufo.

Allontanandoci un attimo dalle ultime due (su cui tornerò più tardi), a voi è mai capitato di ascoltare conversazioni a sfondo religioso? A me è successo una volta, mentre viaggiavo in treno. Due signori, il primo con l'evidenziatore giallo incollato al libro di Papa Francesco, e il secondo armato della voglia di chiacchierare tipica di chi prospera su questa Terra senza sapere bene il perché. Una conversazione al principio normale, classico pippone noioso da treno in cui quello vecchio si lamenta del tempo o di cose tipo la micosi ungueale, quell'altro ancora più vecchio si lamenta a sua volta di qualche callo, e così via fino a raggiungere un'insoddisfatta quiete reciproca. Ma ecco che il primo tipo menziona accidentalmente IL NOSTRO SIGNORE IDDIO. E allora quell'altro commenta mah, io al Signore un ci credo più in questo mondo ignobile, se fosse così bono un morirebbe mai nessuno e il tipo ribatte qualcosa come è perché non tu c'hai la Fede! Chi c'ha la Fede è immortale!, allora l'altro gli fa si more ma tutti, e dove si va un lo sapete neanche voi che siete tutti fissati con codesto Papa Francesco!, così il tipo si offende cercando appoggio in me che, ovviamente, fingo di russare rumorosamente. Quella volta è andata più o meno così.
Nessuno dei due aveva ragione. In realtà io credo che il vero Dio, e cioè quell'insieme storico di eventi e situazioni che ci ha evacuati e che ammanta l'esistenza, sia un essere neutro, freddo, e privo di qualsiasi inclinazione al bene o al male. Non vedo Dio come qualcosa di buono o cattivo, bensì come una forza equilibrata e in contrasto con sé stessa. Penso che questa sia, in un certo qual modo, una conseguenza fica del libero arbitrio: abbiamo la piena facoltà di scegliere da che parte stare, ragion per cui possiamo decidere quale lato di Dio vedere, se quello mostruoso o quello incantevole. E' una nostra scelta, se considerare di più il torbido o il limpido. Possiamo persino, a nostra volta, essere dei: creare storie, fotografie o altri mostruosi bipedi infestanti. Possiamo essere freddi e distaccati, o viceversa appassionati e coinvolti, così come decidiamo di stare al sole o all'ombra. L'emozione è roba umana: nasce dal contatto e libera quantità industriali di muco. Io non verserei mai del serio muco per la morte di qualcuno che non conosco, ad esempio. Se morisse il mio cane, invece, mi reciderei simbolicamente le arterie. Pensandoci bene, capisco anche Gesù. Scende in terra coi più divini intenti e si ritrova ammorbato da una bella meretrice. Lo dico agitando il mio dito ignorante, come i due signori mi hanno ben insegnato a fare. Come in tutte le cose incluso il classico caso del bicchier d'acqua, se ti avvicini troppo rischi di perdertici dentro.

Tornando ai punti 2) e 3), anche l'uomo che è in me apprezzerebbe un gufo domestico.
Oppure un bellissimo, corposo serpente.
No, aspetta: forse un uomo non lo apprezzerebbe, un corposo serpente.

PS: Mi hanno chiesto di approfondire ulteriormente il punto 2), per cui sottolineo: non è colpa mia se tutte le volte che accedo alla home di Facebook vengo invasa da molteplici rappresentazioni fotografiche di gnocca. Alla fine una, anche se è etero, due pensieri se li fa.

xoxo

domenica 8 giugno 2014

Clairely Sunday: Risvegli Diversificati Post-Maleficent

UOMINI

Undici e trenta. E' l'alba, cioè il momento della domenica in cui un sole stranamente già alto inizia a solleticarvi le palpebre, e le progressive fasi del vostro risveglio si accompagnano gradualmente a sempre più amare consapevolezze:
1) Non siete re di un paese incantato; 
2) Angelina Jolie non ce l'ha con voi; 
3) Conseguentemente, non dovete elaborare nessun piano di riconquista che riguardi il baratto di ali rubate con un matrimonio; 
4) Occorre lavarsi bene i denti: è l'alitosi a bruciare le fate, non certo il metallo. Quello, specie se giallo e luccicoso, attira le stronze.

DONNE

Undici e trenta. E' l'alba, cioè il momento della domenica in cui un sole stranamente già alto inizia ad illuminarvi la faccia facendovi venire le rughe, e le progressive fasi del vostro risveglio si accompagnano gradualmente a sempre più amare consapevolezze:
1) Non siete regine di un regno fatato;
2) Non avete l'esatto aspetto di Angelina Jolie, a parte le corna in cartongesso e il colorito ospedaliero; 
3) Conseguentemente, vi sentireste comunque in diritto di elaborare un piano di vendicativa riconquista;   
4) ...Se solo l'alitosi non rendesse così ostica la parte "riconquista".

domenica 1 giugno 2014

Savoir Merde

 Se Dio ci ha dato il buonsenso è perché sapeva che, un giorno, Tim Berners-Lee ci avrebbe donato Internet, e che noi, con l'andare del tempo, avremmo conosciuto Facebook, Twitter, Youtube, Instagram, i brillanti quesiti di Yahoo Answers e un paio di altri metodi per innalzare l'autostima. In poche parole, Dio voleva salvarci da questo:


Conoscere approfonditamente le proprie possibilità è ammirevole: grazie all'ampia scelta di accessori in dotazione al nostro corredo genetico possiamo parlare, interagire, riprodurci e generare materia di ogni genere fisico, il tutto con un ragionevole margine decisionale su quando e come attivarci. E' bello sapere che molti di esseri deambulanti, essendo al corrente di ciò, avvertano il costante obbligo di rivendicare la propria libertà di espressione, parlando unicamente perché hanno una cavità orale o accoppiandosi solo perché ne possiedono una intergambale. E' ancora più bello sapere che una consistente parte di essi, anziché proferire a voce, in privato o di persona, preferisce esercitare suddetto diritto scrivendo commenti balordi e inutili sui social network.

Giusto perché lo si può fare, no?

C'è anche scritto: "Scrivi un commento...", quindi perché non farlo.
Gli scaffali del supermercato sono pieni di "Acquista", "Compra" et sinonimi: pensare che una semplice scritta possa obbligarmi a compiere qualunque azione avrebbe senso quanto un cartello istigante al suicidio in prossimità di un pendio.

Inutile che mi soffermi su quanto sia ingenua e distorta la convinzione di poter veramente dire o fare quello che ci pare in qualunque contesto virtuale (e non). Mi soffermerò invece sulle ignominie del savoir merde, ovvero quell'abilità naturale che esterna quanto di più sbagliato si possa esternare, nel modo più sbagliato e nella più sbagliata delle location (esempio: la mia bacheca e quella di altri cristiani). La maleducazione regna incontrastata, ovviamente, ma non è sola. Ad esempio questo commento, ricevuto dal mio amico Simone, non è propriamente maleducato:

...è tuttavia presuntuoso ed inappropriato. Pura essenza di savoir merde, per non contare il fatto che, comunemente, la persona che esprime tale critica (nella convinzione di aver fatto un favore al malcapitato nonostante la chiara mancanza di tatto e garbo) si aspetta, oltretutto, di essere ringraziata.
                                                                                                           GRAZIE

Il (sentito) consiglio che intendo somministrarvi è il seguente: domandatevi se di persona lo fareste. Direste in faccia le stesse cose che state per scrivere a quella persona? Andreste appositamente da quella persona a dirgliele? Se sì, go ahead (and be prepared, perché se è vero che avete "piena" libertà di espressione, anche chi vi risponde ha altrettanto inoppugnabile diritto, e state pur certi che lo eserciterà in rima col vostro).

Nella maggior parte dei casi però, e lo sapete meglio di me, la risposta è no.

No, non gliele direste in faccia solo perché avete una bocca. Per cui, non commentate soltanto perché leggete "commenta".

PS: La protuberanza che increspa i miei mutandoni non è l'etichetta per la lavanderia. E' una piccola coda a punta.

xoxo

lunedì 26 maggio 2014

Clairely Monday: Popcorn Caldi e Pustole del Buongiorno

Il mattino ha l'oro in bocca, a meno che non abbiate fatto baldoria la notte prima: in quel caso potrebbe avere una malattia oro-genitale.


Buongiorno. Mi leggi? Sto parlando con te. Sì, con te che mi stai leggendo con quella faccia da Furby accoppato e scarico. Con quelle borse mi sembri uno Shar Pei nell'ultimo giorno della sua vita e se al momento non fossi occupata a immaginare popcorn caldi mi verrebbe voglia di sopprimerti. Dobbiamo fare qualcosa, non puoi andare in giro così. Ma soprattutto: Chi sei? Dove sei? Cosa caspita devi fare? Quanto ritardo hai maturato dormendo fino a quest'ora, e dove diavolo devi andare, messo che sia un luogo diverso da quello indicato con veemenza da tua madre? Il tuo modo di grattarti lascia presagire l'urgente bisogno di un candeggio in acqua e cloro, mentre gli enzimi della tua saliva hanno tutta l'aria di aver passato la notte cercando di tramutarsi in penicillina. Il quadro è tragico, come vedi. E in tutto ciò, tu hai solo voglia di popcorn. A dire la verità, pure io. Li facciamofacciamofacciamofacciamofafafafafafaaaaaaaa [...]   

Diretto esempio di come i popcorn caldi mandino in tilt le rimostranze mattutine della mia coscienza. L'unico aspetto controproducente è che non possono placare l'ira di tutti quelli che vi stavano aspettando in quel famoso posto dove dovevate andare. A quel punto, vi basterà seguire le precedenti indicazioni di vostra madre.

Come inizia la vostra settimana? Male, peggio o ancora peggio? In caso voleste compiere gesti di autoaffermazione quali il suicidio o l'accartocciamento di una parte del vostro corpo vi sconsiglio caldamente la linea Pistoia-Firenze: anche nel caso mi mandassero al diavolo, dovrei prendere quella uguale.

domenica 25 maggio 2014

Gonfiori Elettorali e Accidentale Menzione della Cacca

Oggi è il 25 di maggio, ed io mi sento gonfia di quel finto senso di potere che assurge in ogni qualsiasi elezione o votazione del più bel manichino d'Italia, sommandosi alle consuete smanie di conquista e costringendomi a scrivere questo breve post. Se il mondo fosse un'infinita distesa di culi, votare alle elezioni sarebbe un po' come assumere una supposta omeopatica, di quelle che lasciano sempre spazio al dubbio che avresti evacuato comunque e a prescindere dal fatto di averne (faticosamente) inglobata una. Didietrologie a parte, è sempre bello avere l'impressione di poter decidere, un po' come quando scrivi un post proponendoti di non nominare la cacca e accidentalmente finisci col nominarla proprio mentre accenni a questo tuo proposito. E non sarebbe una vergogna non andare a votare, vivere am Rand der Gesellschaft, infischiarsene altamente del proprio Paese? Non so al vostro, ma oggi pomeriggio (dato delle 14.00) l'affluenza al mio seggio era del 16%. 

Dove sono andati tutti?! 
A vergognarsi in qualche luogo triste e sperduto?! A vendere droga?! A fare porcherie con qualche malcapitata gallina?!

E' una vecchia storia, che idealmente si svolge così: 
<chi vota decide, chi non vota ci sta>
ma che, in linea pratica, finisce così:
<chi vota decide (di incendiare l'ano a chiunque non voti)>

Benché non faccia parte di quella risma di ossessionati per i quali politica ed elevazione umana stringono un rapporto di diretta proporzionalità, mi sento sempre obbligata a votare per una qualche sorta di rivendicazione del mio potere decisionale. Ciò non significa che debba necessariamente interessarmi a quello che succede in giro: il fatto che io lo faccia, e neanche tanto approfonditamente, è un optional che regalo alla mia coscienza. Ma, come tu hai un pene ed io una vagina, può anche succedere che io non abbia una coscienza e tu invece sì, e che io, in virtù di ciò, decida di non votare un bel niente fino alla fine dei miei giorni, se proprio mi va. La democrazia prevede anche di fare scelte poco democratiche, oppure di votare qualcuno semplicemente perché è garrulo, e il giorno in cui in Italia ci sarà abbastanza gente garrula da rendere nulle le urne vedrete l'ascesa di una nuova, gloriosa e feconda dittatura: la mia.

Vi lascio con questo magnifico ritratto di Papa Innocenzo X. 
Uno dei vantaggi della dittatura è che non dovrete votarmi. Roarrrrrrr









lunedì 28 aprile 2014

ELLE

Il piede urtò contro uno dei giocattoli sul tappeto ed il brusco attrito con la plastica fredda le spalancò gli occhi. Ore dieci, pensò ritrovandosi di colpo in salotto di fronte all’orologio a parete, gli occhiali da lettura ancora sul naso dove li aveva lasciati prima di assopirsi. Mosse gli occhi in direzione del libro lasciato in sospeso quella notte, un Dostoevskij appena iniziato. Non lo trovò: forse lo aveva lasciato cadere nel sonno. Parlava d'amore, qualcosa di troppo poco tangibile per un'anima ancora acerba. Un piccolo fremito di eccitazione le ricordò l’appuntamento di quella mattina. L'aveva sognato quella notte, immaginando come sarebbe andata, e adesso, a poche decine di minuti dall'incontro, sentiva l'impulso di tirarsi indietro.

Sarebbe stato il suo primo uomo. Men
C’erano parecchi Men in quella zona di Londra, più di quanti se ne potessero immaginare. Curiose circostanze avevano voluto che Olga e Jennifer fossero con un Men in quello stesso istante, a poche decine di minuti dal suo appuntamento con un nome analogo.
Men. 
Il pensiero di lui le tinse inaspettatamente le guance di rosso, e d’un tratto fu come se lo avesse evocato dal nulla e avesse preso a fissarla, appeso, da una nube sul soffitto. L'idea del suo sguardo la bloccava, costringeva il sangue a defluire dalle ginocchia avvitate, gliele consegnava in ossa di pollo. Voleva scappare e allo stesso tempo affondare i sensi in quel flusso di desiderio. Incrociò debolmente le piante dei piedi, dirigendosi verso la stanza da letto in quella che forse, pensò, poteva definirsi una camminata sensuale o, in alternativa, qualcosa di vagamente patetico. Si vestì davanti allo specchio, un abito lungo dallo scollo appena accennato. Lasciò che il Men di nuvole, bello e fiero, le fissasse i capelli mentre, come fronde di salice, ricadevano a piombo sul viso e, allo scorrere delle dita, si avvolgevano sulle spalle in voluminose corde di liquirizia. Infine ci fu un momento in cui il sole la illuminò di un bagliore tanto ardente da accenderla dal dentro, come fosse di luna. Sotto gli occhi evanescenti di lui, si rivelò una fata luminosa. Il piccolo volto brillò riflesso, forse in preda a sensazioni mai vissute, viste ancora più confuse attraverso lo specchio. Gli occhi si fecero più languidi, e fu come se si ricolmassero di quello che stava in cielo. O meglio, sul soffitto. Aprì un sorriso e deglutì a fatica, tentò un paio di espressioni cercando di atteggiarsi un po’ e infine riprovò a sorridere, intervallando attimi di contenuto entusiasmo a cocenti sprazzi di nervosismo.
Io ti amo!
Men si presentò con appena cinque minuti di anticipo: alto, ben vestito, e con addosso  l’orchidea che le avrebbe messo fra i capelli quando, al momento opportuno, avrebbero lasciato la soirée per spostarsi in luoghi abbastanza idillici da risultare deserti.

Il suono acuto del citofono ruppe la bolla di luce e sogno.

Soho. C’erano parecchi Men in quella zona di Londra, più di quanti se ne potessero immaginare.  C’erano anche molte ragazze come Elle, ma avevano soprannomi diversi, come Olga, o Jennifer. In alternativa avevano numeri di serie, tutti rintracciabili da parte dei Men in caso di lamentele o emergenze. Attraversò il salotto, squadrando le intercapedini del divano alla ricerca del Dostoevskij. Non lo trovò. Si trattava di un romanzo d'amore, in fin dei conti, qualcosa di troppo poco tangibile per un'anima ancora acerba. Nonostante ciò, Elle presentava tutti i fremiti, le incertezze e i languori del caso. Pensò alla sua verginità, una di quelle poche cose che, a differenza di molte donne a seguito del primo amplesso, avrebbe riavuto e riavuto di nuovo, finché non fosse stata ammaccata. Afferrò il soprabito, le grandi tasche sgualcite che ricordavano un portamonete vuoto, e prima di uscire prelevò dal tappeto uno dei giocattoli.
Men come Menzogna. II suo primo uomo. Il suo primo cliente. Portarsi appresso una bambola di plastica, la curiosa abitudine che condividevano. Rossa del sangue che non aveva, pensò alle stesse cose, quelle che avrebbe pensato per sempre, provò le stesse acerbe emozioni che avrebbe provato per sempre, e, carica di energia luminosa, si recò frettolosamente da lui, rimbalzando sui piedi di latta. 
Elzbiet Brozek


sabato 29 marzo 2014

DITTAMO


 Il mio cuore è chiuso.
Si blinda al suono del fiume che scorre,
Annega i segreti in sogni di arpe.
Lui non si lascia usare,
Il mio cuore è ottuso.

Sfrega e annusa.

I miei occhi, sono spenti?
Come metalli offuscati
Giacciono in cima al busto inerte.
Corpo riflesso, sono davvero questo?
Sono soltanto questo, e basta?
Sono una foglia che sa di limone,
Sono soltanto uno specchio.


venerdì 17 gennaio 2014

La Vita è un Romanzo

E’ quello che ho sempre pensato, ed è per questo che amo scrivere: mettere per iscritto qualcosa ha come il potere di suggellarlo. 
Non mi è mai capitato di usarne una, ma avete presente il suono “DIN” delle macchine per scrivere, quello del punto e a capo? Ecco. Scrivere qualcosa rende quella cosa piuttosto “DIN”, non credete? Io credo sia semplicemente arrivata l'ora di scrivere qualcosa. Qualcosa di me, tanto per iniziare. 

Se ancora non lo sapeste, mi chiamo Chiara. DIN.

Sono una blogger, una cantante (a tempo perso), una modella (sottopagata), una traduttrice, un'aspirante scrittrice, una saltuaria disegnatrice, e anche una Beatrice-il che non ha granché senso, ma fa rima. DIN.

Sono pure una studentessa, anche se molto presto non lo sarò più. DIN.

Adesso lavoro come modella, ma sono stata esteticamente rivoltante fino all’età di diciassette anni. DIN.

Una volta sciolti i capelli e conseguito un aspetto degno di qualcosa di abbastanza sano, i ragazzi che al liceo deridevano i miei folti baffi ossigenati sono improvvisamente mutati in creature eteree, amichevoli e gentili. DIN.

Ho frequentato vari esemplari di maschio orrendo, per poi concludere che forse esisteva qualcosa di più piacevole alla vista e con cui, divina clemenza, non mi sarei vergognata a farmi vedere in giro. DIN.

Ho frequentato altrettanti esemplari di maschio (interiormente) orrendo, per poi concludere che forse sarei stata bene da sola, e che lo status di “single”, come dimostrato da una famosa serie televisiva, era molto più figo rispetto a "impegnata in una valle di lacrime di frustrazione". DIN.

Avevo appena incominciato a stare bene da sola, quando ho incontrato Fidanzato, e insieme a lui un mieloso,  appiccicosissimo marziano verde di nome Amore, mai visto prima di allora. DIN

Lo avevo sempre scambiato per il fratello, Mega-Pattumierone a Pedali con Traino (sono difficili da distinguere, una volta che ci fai caso). DIN.

Fidanzato è un ballerino/letterato/pallanuotista di notevole stazza e avvenenza. DIN.

Trattandosi di un esemplare estremamente raro in versione etero, in questo momento mi sento autorizzata a vantarmene. DIN 

Ciò non significa che siate tutti racchie zitelle o invidiosi psicopatici. DIN

Solo in parte, magari. DIN

Nonostante questo, mi ritengo piuttosto simpatica. DIN.

Talmente simpatica che in preda a un raptus maniacale ho mollato Fidanzato e adesso sono di nuovo triglia single. DIN.

Quando capito in gruppi di sconosciuti mi diverto a fingere di essere inglese, è un po' come origliare. DIN.

Una volta, a scuola, mi sono fotocopiata la faccia e ho creduto di avere le zampe di gallina come mia nonna. DIN.

Da piccola mi chiedevo come mai Barbie non avesse i capezzoli e l'altra cosetta là in mezzo. DIN.

In realtà, se stessi scrivendo con una vera macchina da scrivere non andrei a capo tutte queste volte, ma ammetto che è tutto molto divertente. DIN.

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